Purtroppo però manca il secondamento e non c’è tempo da perdere: mi invitano a spingere per espellere la placenta, ma io tremo e per di più ho ancora il cervello in “modalità trattieni” per cui non riesco, fisicamente e mentalmente, a fare quello che mi stanno chiedendo. Una di loro guarda l’orologio e dice all’altra che mancano 10 minuti, poi mi guarda e prova ad insistere con dolcezza “Sara, devi spingere!”. Io scuoto la testa e sussurro un “Non ce la faccio”, ma a quel punto si avvicina una terza ostetrica che, con inconfondibile accento campano, mi risponde “Invece sì che ce la fai! Hai partorito da sola e non finirai certo in sala operatoria per questa placenta. Adesso Sara devi spingere, ti aiutiamo noi!”. Si mettono tutte e tre attorno a me e con la pressione delle mani e delle braccia mi aiutano
nell’espulsione. Uscita, è andata!

Abbandono di nuovo la testa sul lettino e guardo Cristian. Martina è ancora lì, intravedo le sue gambine dietro il corpo dell’ostetrica. Chiedo all’infermiera quanti punti mi sta mettendo … ma lei, come da copione, mi risponde che ha quasi finito. Di lì a poco si alza, mi sorride e si allontana con i suoi strumenti.

Finalmente mi appoggiano Marti sul letto, le avvicino il seno e lei si attacca all’istante. Piano piano tutti quelli che erano in sala parto scivolano fuori e l’ultima di loro abbassa le luci e chiude la porta.

Noi. Finalmente noi tre. Siamo fermi in questo momento dilatato all’infinito e non esiste emozione più grande che possa riempirlo!

Disclaimer
I nomi degli ospedali o dei professionisti, vengono omessi o modificati dalla redazione per evitare ogni relazione con gli specifici punti nascita.
I racconti non possono essere pertanto riconducibili ad alcun luogo di nascita, pertanto la pubblicazione sulla pagina del singolo reparto maternità, non lo identifica come un evento avvenuto in una specifica struttura.

 

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