Gli uomini (come le scimmie) sono attivi: come il neonato dopo qualche tempo si attacca grazie al riflesso che ha, così  il genitore deve portarlo attivamente con le braccia.

Il latte dei portati non è adatto a poppate diradate perché non è così concentrato, è il cucciolo stesso a regolare il seno il cui latte è quasi sempre disponibile e quindi leggero e ben digeribile.

Il corpo dei portati è fatto per adattarsi a quello del genitore e ha il riflesso di attaccarsi e di piangere se si sente poco sostenuto o messo a terra lontano dalla madre o nel silenzio o a distanza.
In natura un cucciolo di portato in silenzio da solo e lontano dal corpo di un adulto non può sopravvivere.

Proprio per questi motivi non si deve considerare intrinsecamente malizioso il pianto o il bisogno di stare tra le braccia esternato dal bambino di pochi mesi: tale è, infatti, il suo bisogno.
Questi dettagli possono risultare molto utili ma la vera risorsa è già presente nell’essere umano.

Meglio di qualunque teoria è la diretta osservazione di un legame empatico tra mamma e bambino: quelle che sono etichettate come cattive abitudini si dimostrano semplici ed importanti esigenze che vengono abbandonate non appena acquisite nuove abilità e sicurezze.

Dando la priorità allo sviluppo delle competenze del bambino, si crea per  una dote (potremmo addirittura definirla una rendita), un bagaglio prezioso per la vita.

 

Marika Novaresio

 

Spunti tratti da Filosofie a confronto

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