Ecco la storia di Picinin, deciso a nascere con il sorriso.
Dieci giorni fa ha iniziato a bussare piano piano dal pancione. Ero al termine di una gravidanza piacevole e senza complicazioni. Le prime contrazioni erano appena percettibili, al mattino. “Mamma, sto arrivando”, sembravano dire. Il Picinin ha aspettato che la sorellina fosse a scuola e mi ha dato anche il tempo di preparare una torta per lei, prima di dover chiamare il papà al lavoro; “Portami all’ospedale, secondo me ci siamo”. Intanto la torta si bruciava nel forno, ma questo è un dettaglio e non posso dare la colpa al travaglio, sono la solita “peciona”.
Siamo arrivati all’ospedale di Roma alle 4 di pomeriggio, ancora le contrazioni erano molto leggere ma sempre più frequenti, ogni 4-5 minuti. Incredibilmente abbiamo trovato parcheggio lì davanti, al primo tentativo, niente male per un bambino che sarebbe nato di venerdì 17. Dopo la visita, ostetrica e ginecologa hanno confermato che il travaglio era iniziato, molto dolcemente ma era iniziato: il bambino sarebbe nato a breve.
L’ostetrica mi ha consigliato di fare una passeggiata con il papà, e tornare dopo un’ora. E’ stata una delle camminate più belle della nostra vita. Siamo partiti in cerca di un gelato, i locali ancora non avevano aperto e iniziava a cadere una pioggerella, così eravamo quasi da soli tra i vicoli del centro. Il gelato, poi, era squisito.
Il tempo è volato e siamo arrivati un po’ in ritardo all’appuntamento per la seconda visita.
Le contrazioni ora si facevano sentire, ma ancora erano più che sopportabili. Le ostetriche mi hanno detto di aspettare nella sala d’attesa del pronto soccorso per il ricovero, questione di minuti. E’ lì, nel corridoio, che i dolori hanno iniziato a farsi più forti.
All’inizio ero euforica, mi sembrava incredibile che di lì a poco avrei finalmente conosciuto il Picinin (in tutte e due le gravidanze non ci credevo fino in fondo che davvero avrei avuto un bambino, me ne sono convinta solo al momento del parto).
Era pure passata a trovarmi mia sorella e al principio ridevamo e scherzavamo. Poi ho iniziato ad essere stanca e dolorante, erano quasi le otto, la giornata era stata intensa e avevo paura di non reggere un travaglio che sarebbe potuto durare tutta la notte. La cosa che mi spaventava di più era l’idea di non riuscire a fare l’epidurale, che mi aveva molto aiutata durante il mio primo parto.
Finalmente la ginecologa ha dato il via libera per il ricovero e mi hanno portato in sala parto dove in gran fretta hanno chiamato l’anestesista per la puntura.
Avevo ottenuto quello che volevo. Il dolore era sparito e sono iniziate delle ore dolcissime, con il papà, a dormicchiare, ricordarci di quando è nata la nostra bambina più grande, che adesso ha 3 anni, e immaginare come sarebbe stato il fratellino. Un po’ stavo a letto, ma più spesso camminavo o dondolavo su una palla da pilates gigante.
All’una e mezza la dilatazione era completa: era il momento di spingere.
A questo punto però ho fatto “cilecca”, non riuscivo a spingere con forza e al momento giusto. Ho provato tante diverse posizioni, anche in piedi attaccata al collo del papà a mo’ di scimmia, con l’incoraggiamento dell’ostetrica. Il dolore era tornato, nonostante il richiamo della peridurale, ma ci veniva comunque da ridere.
Abbiamo deciso di continuare a letto, sdraiata sul fianco. Solo a quel punto si sono rotte le acque, che non erano limpide. Bisognava fare presto a far nascere il bambino, era nel canale del parto da troppo tempo e poteva essere in sofferenza. Con le ultime spinte, il Picinin è venuto fuori anche se nel frattempo mi si lacerava la pelle. Stava bene, era grande (3 chili e 830 grammi) e bellissimo.
Il mio parto quindi è andato bene, e penso che la mia storia possa essere di incoraggiamento per chi ci deve ancora passare. Si sentono quasi sempre storie terribili sul travaglio, roba da far rivalutare la clonazione come metodo per far nascere i bambini.
A una settimana e mezzo dal parto, ho già quasi dimenticato il dolore (certo, la peridurale aiuta), riesco a camminare senza che la ferita mi faccia male (mi era saltato un punto al ritorno a casa) e da un paio di giorni posso stare seduta senza soffrire (sono conquiste). Guardo il Picinin che sonnecchia accanto a me, in una coperta a righe, sembra sorridere anche adesso che dorme.
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