iperprolattinemia

 

Una delle cause di irregolarità mestruali e conseguente riduzione della fertilità è l’elevato livello di prolattina nel sangue.

 

Cos’è la prolattina?
La prolattina o PRL è un ormone polipeptidico prodotto nell’ipofisi anteriore (adenoipofisi) da cellule chiamate lattotrofe. Il gene responsabile dalla sintesi di prolattina si situa nel cromosoma 6. La sua principale azione è di promuovere la lattazione, poiché l’atto di succhiare la mammella della madre da parte del bambino aumenta la secrezione di prolattina ed essa stimola la lattogenesi. Ciò garantisce, quindi una lattazione normale e adatta alle necessità del bambino.
I lattotrofi però non sono  le sole cellule in grado di produrre prolattina. Essa viene anche prodotta da cellule specializzate dell’utero, della placenta, delle mammelle e del sistema immunitario.

 

La prolattina è l’unico ormone ipofisario che viene costantemente inibito da parte dell’ipotalamo. La regolazione della secrezione di prolattina è molto complessa ed è determinata da diverse situazioni e da diverse sostanze, alcune delle quali hanno azione più forte, come la dopamina (il fattore di inibizione più potente). Al contrario certe situazioni come la gravidanza e l’allattamento aumentano i livelli di prolattina.

 

La serotonina, pur essendo un importante fattore di liberazione di prolattina, dipende da un’altra sostanza per farlo. Questa sostanza, la cui liberazione è indotta dalla serotonina è conosciuta come VIP, ossia, peptide intestinale vasoattivo, e avrebbe un’azione paracrina nell’ipofisi, segnalando ai lattotrofi di produrre prolattina.

 

La dopamina è il principale fattore che inibisce la secrezione di prolattina, poiché legandosi ai recettori D2 dei lattotrofi diminuisce la produzione di AMP ciclico, apre canali del potassio e diminuisce il flusso di calcio verso il citoplasma cellulare. Come conseguenza, la secrezione e trascrizione genica della prolattina sono più basse.

 

La prolattina presenta una grande importanza nella regolazione del comportamento riproduttivo.
La prolattina partecipa dell’ovulazione e mantiene l’attività del corpo luteo, stimolando la secrezione di progesterone da parte di quest’ultimo. Una delle principali azioni della prolattina riguarda la soppressione del ciclo mestruale durante il periodo di allattamento, denominata amenorrea da lattazione. La prolattina, quindi, induce un periodo di refrattarietà alla fecondazione, quando la donna presenta una naturale infertilità.
Gli studi hanno dimostrato che la prolattina agisce sia a livello dell’asse ipotalamo-ipofisi-gonade, sia direttamente sulle ovaie. L’iperprolattinemia osservata durante l’allattamento, mantenuta dallo stimolo di suzione della mammella, inibisce la sintesi e la secrezione di GnRH, causando la perdita della pulsatilità normale di questo ormone e così, si crea uno stato di anovulazione (infertilità).

 

La prolattina regola la maturazione della ghiandola mammaria durante tre fasi della vita delle femmine: la pubertà, la gravidanza e il periodo di allattamento.
Questo processo di maturazione coinvolge diversi processi biologici di proliferazione dei dotti e di altre strutture alveolari della ghiandola mammaria. La prima fasi della maturazione avviene durante la pubertà, nel processo conosciuto come mammogenesi, quando la prolattina promuove lo sviluppo del sistema lobulo-alveolare della ghiandola.
Durante la gravidanza, la prolattina promuove un ulteriore sviluppo del tessuto mammario. Soltanto dopo il parto la prolattina è in grado di indurre la lattogenesi.

 

Iperprolattinemia
L’innalzamento di questo ormone in periodi di vita differenti da quelli citati è dovuto a molteplici fattori, quali l’assunzione di vari tipi di farmaci (alcune classi di neurolettici, antinausea/vomito, procinetici intestinali, estrogeni ad alto dosaggio, antiandrogeni, oppiacei), la presenza di adenomi ipofisari o altre patologie, l’ipotiroidismo, la policistosi ovarica e, non ultimo, lo stress di varia natura.
Nei casi di iperprolattinemia, per ridurre le concentrazioni di prolattina nel sangue e consentire il ripristino della funzione ovulatoria, si utilizzano gli agonisti della dopamina: cabergolina e bromocriptina.

 

La cabergolina è meglio tollerata e possiede una durata d’azione maggiore. Ciò ne consente la somministrazione ad intervalli di tempo distanziati. Essendo un agonista dei recettori D2 dopaminergici, la cabergolina promuove la fisiologica attività inibitoria esercitata dalla dopamina sulla secrezione ipofisaria della prolattina.

 

La bromocriptina è un derivato semisintetico dell’ergotamina che si comporta come un potente agonista dei recettori dopaminergici.  Interagendo in particolare con i recettori dopaminergici D2 localizzati sulle cellule luteotropiche dell’adenoipofisi, la bromocriptina inibisce la secrezione di prolattina.

 

Questi farmaci riducono rapidamente i livelli di prolattina nel sangue, senza però agire sulle cause che li determinano e possono arrecare effetti collaterali quali nausea, vomito e ipotensione, che tendono in ogni caso a scomparire col proseguire del trattamento.
Durante l’assunzione del farmaco si devono seguire in maniera scrupolosa la sequenza ed il dosaggio prescritto dal medico, sia per ridurre l’incidenza degli effetti collaterali sia perché esistono differenti protocolli di assunzione, a seconda delle indicazioni terapeutiche.
Infatti, tali farmaci vengono impiegati non solo nella terapia dell’infertilità , ma anche al fine di eliminare la lattazione nella donna che ne necessiti o lo desideri.
In assenza di dati certi sulla sicurezza di questi farmaci in gravidanza, durante la terapia si raccomanda generalmente un’adeguata copertura contraccettiva, da proseguirsi per un mese dopo la fine del trattamento.
Al termine della terapia, una buona percentuale di pazienti mantiene cicli ovulatori per lungo tempo, essendo stabili i livelli di prolattina nel sangue.
Tuttavia il fenomeno di iperprolattinemia tende a ripresentarsi a distanza di tempo.

 

 

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