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VIVERE NATURAL

L’aptonomia, la scienza del contatto, è ancora poco conosciuta in Italia.
Si tratta di una scienza nata e sviluppatasi in Olanda grazie all’attività del Dott. Veldman, che nel 1945 aveva ipotizzato ed iniziato a studiare i forti legami esistenti tra l’affettività, la crescita armonica della stessa nell’individuo e il contatto umano.
Da allora, questi studi hanno fatto passi da giganti, fino a dare vita ad una vera e propria branca scientifica, che prende appunto il nome di “aptonomia” (termine derivante da due parole greche “apton” e “nomos”) e che oggi è seguita da centinaia di professionisti in tutto il mondo.

Ma di cosa si tratta esattamente?
In generale l’aptonomia si occupa di favorire la risposta dell’individuo al contatto umano, facendo perno su quelle che sono le sue reazioni affettive.
Trova importanti applicazioni in tutti gli ambiti umani, ma è chiaramente concentrata sulla relazione tra pazienti e operatori sanitari, dove il contatto ha un ruolo preponderante nella buona riuscita delle cure: il soggetto si sente rassicurato, amato da chi è preposto alle sue cure e stabilisce con lui una vera e propria relazione, che favorisce la serenità emotiva e quindi la buona riuscita delle cure.

Un’applicazione particolare, che sta avendo molto successo e che sembra essere particolarmente efficace è l’aptonomia perinatale, ovvero la scienza del contatto applicata al nascituro, a partire cioè dal periodo della gravidanza.
Veldman elaborò una teoria in base alla quale il contatto con la madre sarebbe per il bambino un elemento cardine al fine di garantirne una crescita emotiva e affettiva sana e completa. Avere una “conferma affettiva” che si traduca in gesto e quindi in contatto, sarebbe indispensabile per farne, in futuro, un adulto sano, equilibrato e in grado di esprimere compiutamente tutto il proprio potenziale.

A partire da questi principi di base si è quindi sviluppata l’aptonomia prenatale, rivolta non solo alla futura mamma, ma ad entrambi i genitori e avente il principale obiettivo di accompagnare la coppia nella scoperta e nella gestione del legame emotivo con il figlio in arrivo.
Madre e padre, guidati dagli operatori, iniziano cioè ad entrare in contatto con il loro bambino fin dai primissimi mesi della gestazione ed instaurano con lui un rapporto vero e proprio, che si svilupperà pian piano proseguendo durante la fase del parto e il primo anno di vita del bambino.

Il coinvolgimento di entrambi i genitori permette di dar vita a percorsi completi, che rappresentano una sorta di vero e proprio accompagnamento a quello che sarà il ruolo della “genitorialità”.
Pian piano, oltre a conoscere il bambino e a farsi conoscere da lui, la coppia instaurerà anche al suo interno un legame affettivo importante: la madre potrà sviluppare un senso di solidarietà con il proprio compagno, ma lui non sarà mero spettatore della nascita, diventando parte attiva della crescita emotiva del figlio.

 

Articolo a cura della Redazione di Mammole

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