Da sempre la scienza sostiene che la musica favorisca un miglioramento dell’attività cerebrale, ma dopo il risultato di uno studio canadese, c’è la certezza che il cervello e la mente, abbiano benefici a lungo termine proprio grazie alla musica.
Siamo a Toronto, in Canada. Gavin Bidelman ha effettuato una ricerca presso il Rotman Research Institute i cui risultati sono stati interamente pubblicati sulla rivista scientifica Journal of Neuroscience.
La recente scoperta mette in evidenza l’importanza di imparare a suonare uno strumento in età adolescenziale e procedere con l’allenamento per almeno una decina di anni.
Questa attività sarebbe in grado di migliorare le funzioni neurali con benefici evidenti soprattutto in età avanzata.Lo studio punta a spiegare come la musica e quindi il coinvolgimento del cervello, possa prevenire il decadimento delle abilità nei discorsi e nell’ascolto delle persone più mature.Con l’avanzare degli anni, è più difficile comprendere un discorso perché il sistema nervoso centrale che controlla l’identificazione acustica ed è responsabile dell’analisi del contesto, si indebolisce inesorabilmente con il passare del tempo.
Iniziare a praticare uno strumento, ha una duplice funzione benefica.
Il primo vantaggio, lo si ha nell’immediata adolescenza, quando grazie all’interazione musicale, il cervello ottiene una spinta cognitiva in grado di porre le basi per il futuro. Il secondo beneficio, lo si ottiene a lungo termine, quando grazie alla musica, la plasticità della corteccia cerebrale ottenuta grazie agli esercizi, rientra in gioco quando il cervello ne avrà più bisogno, ovvero negli anni maturi della vita adulta.
La ricerca sottolinea anche quanto sia importante e fondamentale l’insegnamento della musica nelle scuole e l’utilizzo della stessa nelle terapie riabilitative tra gli adulti.
I test effettuati in laboratorio, hanno preso un campione di 10 persone dai 55 ai 75 anni di età, tra i quali 10 che avevano studiato musica e 10 che invece non avevano mai imparato l’utilizzo di uno strumento. Le risposte registrate indicano valori di reazione da parte degli ex musicisti, di circa 2-3 volte superiore rispetto ai loro coetanei.
Nei test, chiamati EEG IMAGING, gli esaminati, sono stati messi in un laboratorio privo di distrazioni e con cuffie alle orecchie. Collegati poi ad un elettroencefalogramma, hanno dovuto identificare dei suoni che variavano da semplici vocali fino ad un mix di suoni più complessi.
L’elettroencefalogramma, registrava il tempo di reazione dell’attività elettrica cerebrale tra la risposta del cervello e lo stimolo esterno al quale era chiamato a reagire.
Analizzando le onde grafiche sullo schermo e tenendo in costante osservazione i pazienti esaminati e le reazioni della loro attività neurale, i risultati ottenuti sono stupefacenti: gli adulti con un background musicale avevano una risposta cerebrale del 20% più veloce nell’identificare i suoni corretti.
I loro cervelli non solo quindi erano più attivi e veloci, ma erano anche in grado di dare dettagli più accurati e precisi.
Questo particolare studio scientifico, è riuscito a capire meglio come il cervello agisca sull’ambiente dell’acustica e come l’invecchiamento ne precluda le funzioni cognitive andando ad intaccare la capacità di capire ed intavolare discorsi.
Adesso il team universitario, vuole spingere un passo avanti lo studio appena effettuato e provare a capire se una breve interazione con la musica anche in età avanzata, possa avere dei benefici o se è invece ormai troppo tardi.
Fonti Bibliografiche
– More evidence that musical training protects the brain