I dati si sono basati su alcune specifiche metodologie di ricerca e hanno dimostrato che la gran parte delle neo mamme che avevano partecipato alla ricerca era stata esposta ad una quantità di PM2.5 inferiore rispetto a quello che l’Agenzia per la protezione dell’ambiente ritiene accettabile, mentre un gruppo di circa 1.500 mamme (intorno al 30% del totale) ha respirato a lungo in ambienti in cui l’inquinamento atmosferico era uguale e spesso superava quello ritenuto accettabile dall’ente sopracitato.
Proprio in queste mamme, maggiormente esposte al pericoloso inquinamento, è stata notata una probabilità di infiammazione intrauterina doppia rispetto alle altre mamme. I primi tre mesi di gravidanza sono il periodo più pericoloso per contrarre l’infiammazione, quindi anche il più delicato, in cui le tutele devono essere maggiori.

Questi studi hanno messo in evidenza come non solo gli alti livelli di inquinamento provochino danni alla salute delle persone, in particolare a quella delle donne in stato interessante, ma anche che bassi livelli di inquinamento possono portare disturbi e contribuire allo sviluppo di vere e proprie patologie sia nella gestante che nel piccolo, ancora prima che questi venga al mondo. Studi più approfonditi potrebbero essere portati avanti studiando la placenta, un elemento che potrebbe mostrare ciò che accade al bimbo nel primissimo periodo della sua vita e fornire informazioni sull’ambiente nel quale la madre e il piccolo hanno vissuto la gravidanza.

 

Fonte Bibliografica

Intrauterine Inflammation and Maternal Exposure to Ambient PM2.5 durin Preconception and Specific Period of Pregnancy: The Boston Birth Cohort

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