monitoraggio

 

Rientrano nella categoria “farmaci tocolitici” diverse classi di farmaci, alcuni dei quali utilizzati anche per altri fini terapeutici, aventi la capacità di ridurre o bloccare l’attività contrattile uterina.

 

Trovano impiego nel trattamento della minaccia d’aborto o di parto pretermine, sia nella terapia d’attacco (blocco della contrazione uterina e risoluzione della minaccia) che in quella di mantenimento.

 

L’approccio terapeutico tiene conto di molteplici valutazioni riguardanti lo stato di salute della donna e del feto e l’epoca gestazionale a cui è giunta la gravidanza.
Quest’ ultimo fattore influisce anche nella scelta tra i diversi farmaci a disposizione, essendo alcuni di questi non idonei all’utilizzo nelle prime settimane della gravidanza e altri ancora, come i fans, potenzialmente dannosi per il feto se somministrati nelle ultime settimane di gestazione.

 

Magnesio
Somministrato sotto forma di sale, il magnesio ad alte dosi riduce la contrattilità uterina sia interferendo con il meccanismo di trasmissione nervosa sia riducendo la concentrazione intracellulare del calcio, essenziale per la contrazione della fibra muscolare liscia.
Se somministrato per via endovenosa richiede il monitoraggio di eventuali sintomi di tossicità da sovradosaggio, e l’eventuale somministrazione di calcio gluconato come antidoto.

Fans

Sono i Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei, caratterizzati dalla proprietà di inibire la sintesi delle prostaglandine, importanti mediatori dei processi di maturazione della cervice e innesco delle contrazioni uterine.
I principi attivi utilizzati sono soprattutto indometacina, ketoprofene, sulindac, celocoxib.
Il principale ostacolo all’utilizzo di questi farmaci è la loro tossicità a carico del feto dopo la 30-32ma settimana di gestazione, sussistendo il rischio di serie alterazioni funzionali a carico di organi vitali del feto, e di riduzione del liquido amniotico materno.
Per tali ragioni la terapia con Fans e specialmente con indometacina richiede come presupposti una crescita fetale e una quantità di liquido amniotico nei parametri, breve durata di trattamento, epoca gestazionale non superiore alla 32ma settimana, ecocardiografia fetale se necessario.

 

Agonisti beta-adrenergici
Il loro utilizzo in terapia tocolitica è di vecchia data, e comprendono isoxuprina, esoprenalina, orciprenalina, fenoterolo, ritodrina, terbutalina, salbutamolo.
Agiscono direttamente sul meccanismo di contrazione della fibrocellula uterina, e sebbene la loro selettività verso quest’organo sia abbastanza spiccata, sono tuttavia osservabili effetti collaterali a carico dell’apparato circolatorio materno, in particolare ipotensione e tachicardia.
Altre possibili conseguenze sono l’iperglicemia e in casi particolari edema polmonare.
Modificazioni cardiovascolari e metaboliche si possono verificare anche a carico del feto.

 

Calcio antagonisti
Alcuni principi attivi facenti parte di questa categoria (in particolare la nifedipina) sono stati utilizzati nella terapia tocolitica per la loro capacità di ridurre la concentrazione di calcio all’interno della cellula, ostacolando di conseguenza la contrazione muscolare.
Gli eventuali effetti collaterali sono quelli dei calcio antagonisti e sono stati osservati sia a carico della gestante (abbassamento della pressione arteriosa, cefalea, edema polmonare) che del feto ( alterazioni della circolazione sanguigna, rallentamento della frequenza cardiaca, acidosi, morte improvvisa ).

 

Antagonisti dell’ossitocina
Competono direttamente con i recettori dell’ossitocina presenti nella muscolatura uterina, che mediano il rilascio del calcio e la conseguente contrazione muscolare; riducono conseguentemente anche l’effetto indiretto dell’ossitocina, ovvero la sua azione sulla decidua e sulle membrane fetali che stimola la produzione di prostaglandine funzionali al proseguimento del travaglio.
Il farmaco utilizzato è l’atosiban, che ha mostrato un’efficacia d’azione sovrapponibile a quella dei beta agonisti con il vantaggio di una minore incidenza d’effetti collaterali materni e fetali.
Si tratta di un analogo di sintesi dell’ossitocina stessa che mimandone la struttura si lega al suo posto ai recettori miometrali e deciduali.
E’ utilizzato nel tentativo di ritardare il parto pretermine, in epoca gestazionale compresa tra 24 e 33 settimane.

 

Donatori dell’ossido nitrico (NO)
La nitroglicerina è l’esempio più noto di questa classe di farmaci.
Utilizzato principalmente nelle terapie a carico del sistema cardiocircolatorio per la sua potente azione rilassante sulla parete dei vasi sanguigni, che nel caso specifico si traduce in una spiccata vasodilatazione, il gruppo NO agisce anche sulla parete muscolare intestinale e uterina esplicando un’analoga azione miorilassante e mostrandosi quindi utile nel trattamento del parto pretermine.
Viene somministrata per via transdermica (cerotti).
Presenta tuttavia, per la sua azione vasodilatatrice, un’elevata incidenza d’effetti collaterali materni e ipoteticamente fetali legati al conseguente abbassamento della pressione sanguigna e alle ripercussioni che questo può avere sulla circolazione placentare.

 

Articolo a cura della Redazione di Mammole

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